La crescita delle PMI – Competenze, Persone e Merito: un viaggio verso “l’infinito”

di Nicolò Borghese,

Account Manager Esox Solution

– Impostare un processo di delega…efficace

La mia esperienza professionale in Esox Solution è figlia del sogno di un imprenditore. Sono entrato in azienda nel settembre 2018 a seguito della volontà di Maurizio Anselmi, titolare e fondatore della società, di inaugurare una divisione commerciale che proponesse sul mercato, in chiave nuova e strutturata, le capacità e le competenze maturate in oltre vent’anni di affiancamento alle aziende metalmeccaniche del territorio; ma non solo. L’idea più ambiziosa, la visione più ampia che dava le fondamenta a questo obiettivo di medio termine era quella di creare i presupposti per avviare un percorso di passaggio generazionale, che consentisse all’azienda di crescere in futuro anche senza l’apporto operativo quotidiano del fondatore e che allo stesso tempo trasmettesse alle nuove leve quel fuoco sacro che ha alimentato le Persone in essa presenti dall’inizio del nuovo millennio a oggi. Ho abbracciato con passione questo sogno e, da tre anni a questa parte, affianco Maurizio nella sua realizzazione. Il mio percorso di crescita è ovviamente ancora del tutto aperto, e la delega operativa che mi è stata affidata è sostenuta dai suoi insegnamenti, dai suoi consigli e dalle intuizioni che condividiamo e cerchiamo di definire per renderle fattuali. Abbiamo instaurato un processo di affidamento, fiducia e delega che, secondo tempistiche che credo non solo necessarie ma ineludibili, viene costantemente monitorato anche nei suoi numeri e risultati di breve termine, seguendo una logica di miglioramento continuo tendente potenzialmente all’infinito.

A tal proposito desidero condividere alcune considerazioni su tematiche quali fiducia, delega e controllo di gestione nelle PMI italiane – e della condizione/ruolo degli imprenditori in esse – prendendo però spunto da un articolo segnalatomi su Linkedin qualche giorno fa e che ho trovato illuminante per sinteticità e immediatezza rappresentativa. In esso Marina Puricelli, docente presso la SDA Bocconi, racconta la vicenda societaria di una piccola azienda e di un imprenditore che prova – senza successo – a impostare un processo di delega efficace. Ne riporto alcuni stralci, potete trovare l’articolo completo al seguente link: https://www.sdabocconi.it/it/sda-bocconi-insight/il-meglio-del-piccolo/organizzazione-risorse-umane-e-processi/quando-la-delega-non-funziona

L’azienda di cui parliamo, fondata negli anni ’60, prende avvio nella produzione di raccorderia industriale e di rubinetteria per uso civile. La rubinetteria è poi abbandonata a favore della produzione di raccordi per conto di grandi aziende clienti(…).

 All’inizio del 2014 il grande cambiamento: il titolare decide di riprendere la produzione di rubinetti scegliendo un posizionamento di fascia alta, investendo in una politica di marchio con l’intento di orientarsi al mercato internazionale. Questo nuovo progetto imprenditoriale è affidato dal proprietario ad un giovane collaboratore che, oltre a possedere competenze specifiche di design industriale e di marketing, manifesta grande intraprendenza (…). I risultati non tardano ad arrivare: vendite e visibilità dell’azienda in crescita. L’imprenditore è pienamente soddisfatto. Ha trovato l’uomo giusto, il manager in grado di realizzare il suo sogno: quello di evolvere da terzista ad industriale con un prodotto ed un marchio proprio e di vedere il nome della sua azienda circolare per il mondo attraverso le fiere di settore e la pubblicità(…).

 In parallelo, a partire dal 2018, si iniziano ad introdurre meccanismi di gestione formali. Tra questi un sistema di controllo di gestione per consentire un governo ed una pianificazione più razionale dei due comparti e permettere alla proprietà di conoscere in modo puntuale l’andamento dell’azienda nelle due diverse aree d’affari. I primi riscontri segnalano però una brutta sorpresa. A fronte di una continua crescita del fatturato – da zero a circa 8 milioni di euro nel 2019 – la nuova divisione sembra aver generato perdite rilevanti compensate dalla divisione tradizionale che, con i suoi 35 milioni di euro e i suoi modesti ma costanti margini, è riuscita negli anni a coprire l’andamento negativo della rubinetteria. La prima reazione dell’imprenditore di fronte a tali dati è quella di mettere in discussione il nuovo strumento di rilevazione dei costi e la sua attendibilità: “Non è possibile che stiamo perdendo! La nuova divisione è perfetta e rappresenta il nostro futuro: è lì che dobbiamo andare”.

(…)Solo la minaccia di dimissioni da parte dell’esperto e fedele responsabile amministrativo lo costringono ad una presa di coscienza. Egli inizia così ad entrare nel merito dell’attività della divisione rubinetti scoprendo inefficienze gravi: progetti costosissimi per lo sviluppo di nuovi prodotti lasciati in sospeso, livelli di scarto, di non conformità e di resi dei prodotti altissimi, magazzino completamente fuori controllo. Quello che per anni non è avvenuto accade nel giro di poche ore: il titolare chiede e ottiene l’allontanamento immediato dall’azienda del giovane manager. E’ la fine di un sogno. L’imprenditore è profondamente deluso, grida al tradimento e attacca pesantemente il suo ex-braccio destro di averlo ingannato e, indirettamente, derubato (…).

Cos’ha fatto l’imprenditore? Si è fidato del suo collaboratore, che si segnalava come una giovane promessa nel settore, dandogli carta bianca su ogni aspetto gestionale della divisione da lui governata, quella di rubinetteria; ma lo ha fatto ciecamente, basandosi unicamente sulla  constatazione che  la crescita  del fatturato di quella  divisione  era di per sé  un

dato positivo. La presa di coscienza, iniziata solo a seguito di un percorso di controllo di gestione formalizzato introdotto tardivamente, ha disilluso l’imprenditore e lo ha portato a tornare sui suoi passi, caricandosi di nuovo sulle spalle la gestione del business in toto.

Dal mio punto di vista, l’errore commesso dal titolare dell’azienda non è stato quello di fidarsi e affidarsi, anzi: nei paragrafi che seguono cercherò di spiegare proprio perché questo meccanismo di delega e affiancamento rappresenta l’unico modo vincente di guidare un’azienda nella complessità del sistema economico presente e globalizzato. L’imprudenza è stata quella, semmai, di lasciare un pur bravo manager, ancorché giovane e poco esperto, a governare senza l’ausilio di procedure di supervisione che avrebbero consentito – a lui in primis, e quindi al proprietario dell’azienda – di cogliere tempestivamente determinati segnali e di intraprendere dunque le necessarie manovre correttive. Potrebbe sembrare inattuale al giorno d’oggi, ma situazioni come queste sono molto più frequenti di quanto si possa pensare nel tessuto delle PMI italiane a causa della difficoltà di identificazione, di comunicazione e di riconoscimento quale figura chiave del business management del ruolo del controller, così come la permanenza del sospetto circa la reale utilità di un corretto processo di controllo di gestione nelle dinamiche imprenditoriali e aziendali.

Perché farlo? E chi può affiancare l’imprenditore nel farlo?

 I motivi per cui l’imprenditore decide di instaurare un percorso in questo senso possono essere molteplici: verificare il ritorno di investimenti operati nel breve/medio/lungo periodo, tenere sotto controllo determinati indici (anche i più evidenti, come fatturato, marginalità, ecc.), identificare meglio la posizione della propria società all’interno di un mercato come valutarne altri, e così via. Non ci sono spunti immotivati per implementare procedure e strumenti che monitorino l’andamento del business, ma potrebbe invece accadere di appiattire il controllo di gestione solo nel senso tecnico che esso determina. Una tecnica procedurale, per quanto valida e performante possa sembrare, non può prescindere dal contesto in cui opera; nulla di più sbagliato nel porsi domande del tipo “se funziona in altre aziende, magari anche mie concorrenti, perché non dovrebbe funzionare qui?” sottintendendo una risposta sicuramente affermativa.

È frequente nelle PMI che l’imprenditore, pensando di introdurre il controllo di gestione in azienda, si rivolga come primi interlocutori a dei responsabili interni, come il responsabile amministrativo o il CFO (la cui presenza presuppone però un’organizzazione più strutturata, e difficilmente si riscontra nelle aziende di questo tipo), i quali però hanno ovviamente delle conoscenze limitate alla loro formazione e professionalità, senza contare la mole di lavoro quotidiana da smaltire.

Potrebbe dunque risultare più vantaggioso rivolgersi a un collaboratore esterno all’azienda, che abbia esperienza nel campo e che sappia al contempo integrarsi e proporsi alla direzione come un consigliere a tutti gli effetti: un business partner che possa partecipare anche alle decisioni strategiche, assumendosi le proprie responsabilità, per contribuire al raggiungimento degli obiettivi primari dell’impresa, in particolare: assicurare la continuità e la competitività aziendale sul mercato e accrescere il valore e la ricchezza dell’impresa affinchè si produca quella attrattività di interessi (e capitali) tanto di stakeholder che di shareholder[1].

Un mix di competenze interne ed esterne, dunque. Non potrebbe essere altrimenti: il controller opera come mediatore tra tutte le componenti aziendali, cercando di calare i giusti accorgimenti partendo dai processi che l’azienda si è data nel corso degli anni, senza per questo stravolgerle sensibilmente laddove non necessario (o non richiesto). Non si sottovaluti questo passaggio: buone tecniche discendono unicamente da un pensiero condiviso da tutte le parti in gioco, da una cultura aziendale che l’organizzazione nel suo insieme (collaboratori e dirigenti) riconosce e fa propria, in modo da attivare un coinvolgimento a cascata di tutti gli attori nel processo di affinamento e formalizzazione delle procedure indispensabili al raggiungimento degli obiettivi prefissati, accettati e da raggiungere. Torneremo più avanti sull’importanza del coinvolgimento attivo delle risorse umane dell’azienda e sul processo di delega che esso prevede e stimola; ora vorrei illustrare brevemente un’ipotesi di integrazione operativa di questi assunti nell’attività quotidiana.

– Come farlo? Pianificazione, controllo e programmazione calati nel contesto

Il controllo di gestione si inserisce nel contesto delle attività di pianificazione strategica e programmazione operativa: esse danno forma a una serie di idee, desideri, intuizioni e aspettative dell’imprenditore, il quale cerca di catalizzare – conoscendole – le competenze e le abilità delle risorse a disposizione; solo in seguito si potrà procedere a una formalizzazione di massima, che oltre a tratteggiare uno scenario di lungo periodo servirà da guida per le azioni da condurre nel breve/medio termine.

La pianificazione strategica vede il susseguirsi di quattro fasi:

 

  • Vision: è l’aspirazione, la meta che l’imprenditore e la sua azienda vogliono raggiungere e che fissa l’obiettivo più lontano nel tempo. Può essere definita in molteplici modi, ma per guidare un’impresa verso il successo – come insegnano le storie di aziende vincenti – deve avere una tendenza all’infinito: immaginare con tale mentalità significa sapere che nonostante lo scorrere del tempo e il mutare degli orizzonti e degli scenari in cui si opererà, “ l’idea guida ” rappresenterà comunque la stella polare con la quale orientarsi nuovamente. Ragionando in questo senso si costruiranno buone pratiche e processi ed essi si replicheranno costantemente, anche con condizioni diverse, senza correre il rischio di accontentarsi una volta raggiunti obiettivi immediati e limitati.
  • Mission: integra la Vision e la esplicita, contestualizzando lo scopo dell’attività dell’impresa, gli obiettivi da raggiungere nel medio periodo e i principi che guideranno nella via intrapresa. Sono elementi che l’azienda si dà e che devono, in maniera chiara e coinvolgente, posizionare la stessa nel mercato di riferimento e distinguerla dagli altri player del settore. Fare Impresa secondo una giusta causa: affrontare il business con una visione finita può risultare vincente nel breve termine, se lo scopo è semplicemente quello di massimizzare il valore; quello che invece dovrebbe considerare l’imprenditore è proporre un’idea, rivoluzionare un settore, aumentare la qualità della vita e del lavoro nella sua azienda, e sono processi che non possono non avere prospettive di lungo termine, costruendo un viaggio altrettanto infinito verso una meta non quantificabile.
  • Definizione strategica: vengono fissate le fondamenta del business in maniera più estesa e formalizzata, cercando di prevedere e monitorare strettamente i fattori critici che possono determinare la buona riuscita delle attività. In questa fase è necessario affrontare nella maniera più dettagliata possibile i vari aspetti in gioco, definendo con precisione anche le risorse finanziare e umane a disposizione della società: è la vera sfida per l’imprenditore, in quanto solo proponendo un percorso chiaro e trasparente potrà avvalersi pienamente dell’apporto dei suoi collaboratori, siano essi dipendenti o manager.
  • Business plan: ha l’obiettivo di rispondere e dare soluzioni a molteplici quesiti (cosa voglio offrire? A chi mi rivolgo? Chi sono i miei concorrenti? Di quali mezzi dispongo? E così via), ed è a tutti gli effetti la formalizzazione di quanto esposto nei punti precedenti. Esso contiene nel maggior dettaglio possibile elementi quali la descrizione dell’azienda, dei prodotti realizzati, dei processi in atto, del mercato in cui si opera, dei traguardi ipotizzati e dei rischi calcolati.

Come si traduce tutto ciò nel lavoro quotidiano? La programmazione operativa, di cui il controllo di gestione è l’asse portante, altro non è che la riproposizione costante di un circuito chiuso composto da programmazione di breve periodo – esecuzione – controllo – feedback – allineamento e di nuovo programmazione, in ottica definita agile. Gli strumenti indispensabili per governare queste attività sono essenzialmente rappresentati dai budget e dagli indicatori chiave di performance (KPI), prodotti in vari modi dal controller o dai vari responsabili incaricati. Gli strumenti sono vitali in quanto utilizzati con la finalità di condurre l’esecuzione delle azioni quotidiane in direzione della strategia impostata, e se ben impiegati permettono di individuare col giusto tempismo dei segnali altrimenti non intercettabili.

Volendo sintetizzare, se il controllo di gestione viene attuato come tecnica procedurale fuori dal contesto in cui si dovrebbe invece calare – dunque in assenza di pianificazione strategica e programmazione operativa – esso difficilmente riuscirà a fare la differenza rispetto alle aspettative riposte in esso (e sul professionista incaricato) dall’imprenditore. Inoltre, la pervasività di un intervento di questo tipo, come è possibile evincere dalle righe precedenti, conferma il ruolo di interlocutore a tutto tondo del controller e avvalora ulteriormente la sua funzione di servizio per il raggiungimento degli obiettivi condivisi, in ottica core.

– Coinvolgimento emotivo 

Un controllo di gestione “calato dall’alto”, quindi non condiviso nei suoi modi, tempi e obiettivi, è un fenomeno molto ricorrente nelle PMI: spesso esso viene visto dal capitale umano aziendale come puro e semplice strumento di controllo, piuttosto che come bussola per orientare scelte e attività giornaliere. Se invece, come sopra esposto, c’è chiarezza tra imprenditore e collaboratori nel definire, formalizzare e comunicare pianificazione strategica e programmazione operativa, ecco che il sistema diventa il prodotto di uno sforzo partecipato; gli obiettivi da esso proposti, frutto dell’esperienza diretta di chi “si sporca le mani”, saranno sì ambiziosi, ma al tempo stesso plausibili, verificabili e monitorabili in termini di tempo e percentuale di successo. In questo modo è l’organizzazione stessa a darsi delle regole e delle metodologie, a formare i suoi appartenenti, ad alimentare quella cultura aziendale che abbiamo visto essere il pilastro fondamentale per un buon controllo di gestione, e non ultimo a costruire un’identità unica, che differenzia e tipicizza l’impresa sul mercato rispetto ai competitor.

In questo modo l’imprenditore coinvolge emotivamente i suoi collaboratori e riesce a delegare con fiducia, dato che essi diventano parte attiva e determinate della mission dell’impresa: il sogno del titolare sarà il sogno di tutti, perché tutti avranno compreso prima il perché fare, e solo successivamente si domanderanno come farlo. È un passaggio fondamentale: i collaboratori rappresentano l’immagine dell’azienda sia all’interno della stessa (colleghi) quanto all’ esterno (clienti, fornitori, concorrenti), perciò detengono in massima parte il sapere e l’esperienza necessari ad interfacciarsi, ascoltare, prevedere e realizzare quanto il mercato si aspetta da essi.

Rubo una metafora che ho sempre apprezzato ad un grande professionista del settore con cui abbiamo il piacere e l’onore di collaborare, Gianfranco Romei[2]: nelle sue parole, la differenza tra subire una scelta e prenderla in autonomia è la stessa che c’è tra la libertà di un automobilista al semaforo e uno che sta per affrontare una rotonda. Il guidatore al semaforo deve attenersi rigidamente alle indicazioni del semaforo; l’automobilista che approccia la rotonda invece rallenta, osserva il flusso in arrivo, valuta e decide come muoversi; si inserisce appena possibile e va incontro alla rotonda successiva. La domanda che si pone a questo punto è: se il traffico caotico oggi si gestisce coinvolgendo gli utenti, ottimizzando il flusso, riducendo le attese, perché non farlo in fabbrica? Coinvolgimento e delega diventano quindi idee guida sia per i clienti interni che per quelli esterni: inserendo le “rotonde” in azienda, le persone saranno stimolate a prendere decisioni, dando il via a un circolo virtuoso (meno code – flusso continuo – coinvolgimento – fiducia – crescita) che permetterà loro di affrontare sia il cambiamento dato dal nuovo processo in atto che i futuri stravolgimenti, imprevisti o pianificati che siano.

Appare più chiaro, ricollegandoci all’esperienza dell’imprenditore citata in testa a questo scritto, come l’ascolto e la partecipazione attiva di entrambe le parti in gioco – imprenditore e collaboratori – siano parti ineludibili del successo della strategia. Monitoraggio e pianificazione devono avere cadenza regolare, settimanale, anche giornaliera: “un anno, 52 sprint”, dove lo sprint è ciò che le persone nei vari team pianificano di fare nella settimana, con briefing giornalieri nei quali condividere cosa si è fatto il giorno precedente e cosa fare in quello appena iniziato. Saranno le persone a darsi degli scopi da perseguire, procedendo per piccoli passi nella direzione più vasta già impostata.

– Prima le Persone, quindi le idee, infine lo strumento.

Nel corso degli anni, Esox Solution ha scelto di mantenere il focus primariamente sulle Persone e sulla valorizzazione delle loro competenze specifiche: il nostro payoff, dove le Persone fanno la differenza, ne è testimone. Per questo motivo era indispensabile partire dalla scelta di professionisti esperti della materia e delle pratiche del Controllo di Gestione che ci “riportassero a scuola” per diffondere e introdurre nelle PMI una audace e rivoluzionaria visione del futuro, supportata da una valida strumentazione di bordo quale Silver Lake Direzionale, applicazione di supporto strategico nata dall’esperienza di Imprenditori PER gli Imprenditori.

Concludo con le parole di Simon Sinek, scrittore e saggista su temi di comunicazione e leadership, che esemplifica in maniera straordinaria il pensiero che dovrebbe guidare ogni imprenditore nella strada verso il successo: Il ruolo di un leader non è quello di proporre tutte le grandi idee. Il ruolo di un leader è quello di creare un ambiente in cui le grandi idee possono accadere.

 


[1] C. Calò, Il ruolo del controller: spunti di riflessione, in Melius 24, febbraio-marzo 2021, p.5. Carmelo Calò, controller e socio Assocontroller, ha maturato importanti esperienze sia all’interno di società di revisione e certificazione di fama internazionale come Price Waterhouse, sia coadiuvando in prima persona gli imprenditori di diverse PMI italiane; collabora in qualità di controller di direzione con Esox Solution dal 2005. Molte delle idee contenute in queste pagine sono suoi preziosi consigli, diretti o indiretti.

[2] Non potrei presentare meglio Gianfranco Romei se non utilizzando le sue parole, per cui rimando al sito internet della sua società: https://www.direzionaleskipper.it/custom-landing/. Gianfranco è l’ispiratore di queste ultime riflessioni circa il coinvolgimento del personale in quello che lui ama definire “spettacolo”.